Lo sguardo delle scienze sociali sull’emergenza covid. Esce “Antivirus”, il nuovo saggio di Mario Morcellini dedicato ai cambiamenti della società dopo la pandemia

Lo sguardo delle scienze sociali sull’emergenza covid. Esce “Antivirus”, il nuovo saggio di Mario Morcellini dedicato ai cambiamenti della società dopo la pandemia

Un’esplorazione profonda della fase Covid, posta in controluce rispetto a quella ‘pre’ e ‘post-Covid’, condotta con uno sguardo trasversale e pluridisciplinare seguendo il filo di un’inderogabile ‘phronesis’, da parte di chi conosce
perfettamente il corpo sociale nella sua fisiologia, ma anche nelle sue inevitabili alterazioni emergenziali e patologiche: è ‘Antivirus’ (Castelvecchi Editore), il saggio più recente di Mario Morcellini, nato nel tempo del ‘distanziamento fisico’
dall’esigenza di non rinunciare ai principi più alti della ‘sophia’ e alla loro necessaria traduzione prassica – l’antica e attualissima ‘phronesis’, un’intelligenza operosa, ‘che sta in guardia’ – appunto perché la società, anche la ‘circolare’ e
molecolare ‘società della moltitudine’ continua a vivere e sopravvivere in base ai comportamenti che assume o che dovrebbe assumere.
Che cosa hanno lasciato i tempi dello smarrimento, del ‘ritiro’ e della ‘reclusione’ forzata? Come hanno reagito gli individui a una crisi penetrata nella loro coscienza più intima e come hanno interagito con gli scenari di una già avanzata
‘post-socializzazione’ o ‘socializzazione a bassa definizione’, nel contesto di una modernità liquida, eticamente sospesa fra l’individualismo e il relativismo? “In termini meno retorici – scrive l’autore – l’interrogativo centrale dovrà essere:
“Come può darsi una società dopo il Covid-19?”
A guidare l’analisi e la diagnosi – osserva Mario Morcellini – “la presa d’atto che, in tutte le situazioni d’emergenza, le variabili che incidono sulla costruzione dei processi di relazione sociale e sulle direzioni di senso si manifestano più
nitidamente, come se si riducesse l’impatto delle variabili intervenienti”: un primo potente ‘antivirus’, dunque, contro la retorica debordante e distorcente dell’ipertensione sociale, contro le facili polarizzazioni di una gridata dialettica politica, contro le semplificazioni del ‘presentismo’, antico vizio italico, proprio delle società che non sanno trovare strumenti convincenti e vincenti di autopropulsione e ‘visioni’ capaci di orientare un’efficace cultura di ‘governo del futuro’.
Quale il ruolo e la funzione di un’informazione e di una comunicazione responsabili, consapevoli e critiche nel contesto di una reale emergenza, a fronte delle rappresentazioni e delle narrazioni drammatizzate cui hanno abituato anni di tensioni e conflittualità sociali troppo spesso artatamente concepite per deviare la verità dalla sua realtà fattuale alla sua ‘realtà percepita’? L’analisi spazia, nel testo, esplorando ogni angolo della socialità: dalle reazioni dei giovani a quella del
sistema-scuola, a quella delle università italiane, capaci di un innegabile adattamento e di una tempestiva ricontestualizzazione nelle forme inevitabili ma efficaci della didattica distance. Ma innegabile – e qui a parlare è più il
Commissario Agcom che lo scienziato sociale – anche il processo di ricalibratura e ripensamento di linguaggi e contenuti nel sistema del ‘media mainstream’ e, sul fronte degli ‘Over The Top’, la capacità di ‘rimediazione della crisi da parte dei
rappresentanti di quelle che rischiavano di sembrare le “invincibili armate” dell’impero digitale’.
Al centro rimane il tema del cambiamento, nelle forme estreme di una drammatica discontinuità in grado di alterare
letteralmente il sentire comune e “la scena di riferimento della vita”, con l’annessa gerarchia e tassonomia dei ‘bisogni esistenziali’.
Ma sullo sfondo del bisogno di un nuovo ‘contratto sociale’ che sappia superare le patologie e le degenerazioni del
modello di sviluppo neoliberista, emerge sempre più forte e decisiva la funzione insostituibile della Sociologia.
Se non può darsi società senza forme rinnovate di aggregazione, coesione e mediazione, se non si può rispondere al
rischio di anomia e scollamento fra gli individui senza ridefinire con urgenza i paradigmi di una nuova ‘cultura della
sintesi’ attenta ‘a quelle dinamiche relazionali e interpersonali che danno senso all’esistenza e la sottraggono
all’isolazionismo’, la Sociologia – che per suo statuto epistemologico, per sua vocazione e missione è ‘racconto di crisi’ e
si è sempre chinata a studiare le fasi di maggiore complessità e alterazione dell’ordine sociale – dovrà mostrare ancora
più forza di fronte alle emergenze distruttrici. Come obiettivo altissimo, quello di produrre una nuova ‘chiarezza collettiva’
in grado di ‘immunizzare’ dall’ipersoggettivismo, dal ‘disimpegno morale’, dallo smarrimento esistenziale, dalla
liquefazione degli orizzonti di senso, dal portato potenzialmente devastante di nuove, possibili emergenze.
Se nel corso della crisi – conclude l’autore – siamo stati tutti ‘un pezzo di resilienza e di innovazione’, se ‘la peste è stata
in grado di dare scacco alla festa continua’ e all’attrattività apparentemente invincibile della ‘ricreazione a tutti i costi’,
richiamando gli individui al bisogno primario e fondante di riconoscersi nelle interazioni con gli altri, rimane insostituibile il
compito delle Scienze sociali. “È un invito – conclude l’autore – a non svendere la nostra passione intellettuale,
scegliendo convintamente di interpretare l’emergenza contemporanea: un passaggio decisivo per prepararci a un’altra
storia”.

FEDERICA SBRANA