Capaci, 28 anni dopo.”Perchè a Palermo sono successi tutti questi fatti?

Capaci, 28 anni dopo.”Perchè a Palermo sono successi tutti questi fatti?

Secondo lo storico Umberto Gentiloni, la memoria è sempre soggettiva, individuale e selettiva, raramente collettiva e condivisa. Si può vivere insieme un evento per il fatto di trovarsi nello stesso momento in un determinato luogo, ma il
ricordo che si manterrà di quell’esperienza varierà da individuo a individuo, perché legato a fattori emotivi e a vissuti non assimilabili l’uno all’altro. Ciò, secondo Umberto Gentiloni, vale ad esempio anche per le grandi ‘transizioni storiche’, per il passaggio da una fase a una successiva, da un prima a un dopo.

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Esistono momenti di svolta e di snodo nella storia umana e in quella delle singole comunità. Lo sforzo da fare è dunque quello di ‘comporre’ le singole memorie individuali che si possono avere di un evento in una ‘storia condivisa’, quella sì,
da trasmettere alle generazioni successive, che non hanno vissuto determinati eventi, talvolta anche semplicemente per ragioni anagrafiche. Non a caso si parla di ‘commemorazione’, parola e atto che contengono in sé la dimensione del
‘cum’, vale a dire del ‘ricordare’, del ‘fare memoria’ insieme, collettivamente. Nessuno può svolgere questo compito meglio di chi è stato testimone, di chi ha vissuto quei momenti, di chi ha intrecciato la propria vita e la propria biografia
con quegli eventi.
Il 23 maggio l’Italia ricorda la morte di Giovanni Falcone, ucciso 28 anni fa dalla mafia, insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Cinque quintali di tritolo,
sull’autostrada che porta da Punta Raisi a Palermo, alle 17:56 di un sabato pomeriggio, distruggono cento metri di asfalto e cinque vite.
Anche la memoria rischia di morire, se qualcuno non si preoccupa di tenerla in vita e di diffonderla. Si tratta di un dovere sociale, di un impegno etico, di un compito che non si esaurisce. Ma la memoria deve essere attiva, ha bisogno di azioni, più che di parole, per tenere desta l’attenzione.
La Direttrice del Vomere Rosa Rubino ricorda sempre con dolore quel giorno: “Appresi la notizia leggendo i giornali in un’edicola.a Parigi. Ricordo ancora il volto smarrito dell’edicolante mentre mi mostrava le prime pagine… Atterrai il giorno dopo all’Aeroporto di Palermo, che si chiamava ancora solo ‘Punta Raisi’ e poi sarebbe stato intitolato a Falcone e Borsellino.
Presi l’autostrada. Quello che vidi a Capaci non si può dimenticare. La terra sventrata … un ammasso di rottami … gli
alberi di ulivo bruciati, gente distrutta dal dolore che cerca tra i sassi … rabbia, indignazione, sgomento. Una ferita
ancora aperta nel cuore di ciascuno di noi. Capii che dovevo fare molto di più. Insieme al Giudice Antonino Caponnetto e
Rita Borsellino avviammo un progetto negli Istituti scolastici di Marsala, del trapanese e della Calabria per diffondere la
cultura della legalità. Un progetto che durò cinque anni grazie alla collaborazione della Procura del Tribunale di Marsala
e delle scuole. Nel 2016 – aggiunge – abbiamo lanciato la proposta di intitolare una strada di Marsala al giudice Antonino
Caponnetto che voleva molto bene a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. Mi parlava sempre di loro che considerava
suoi figli”.
C’era un libro – ha raccontato Rita Borsellino – che Antonino Caponnetto portava sempre con sé, durante gli incontri con
gli studenti, per leggerne alcuni brani: “Falcone e Borsellino” di Giommaria Monti. Un testo poi aggiornato e ristampato
nel 2006, che contiene atti del Csm, articoli di giornale, sentenze di tribunali, interviste rilasciate nel corso di un
decennio. Documenti che parlano da soli e raccontano anche i momenti tristi, le delusioni e la solitudine di due giudici
straordinari che avevano un solo difetto: quello di credere nello Stato. Un libro amaro, ma utile.
Sono passati 28 anni, la verità di quei giorni rimane ancora sospesa, mentre è in corso il processo ‘Capaci–bis’ e si parla
già di un possibile ‘Capaci-ter’. Dalla seconda metà degli Anni Settanta ai primi Anni Novanta furono eliminati, uno dopo
l’altro, i vertici delle più alte Istituzioni siciliane.
“Perché a Palermo sono successi tutti questi fatti?”. E’ la domanda, anch’essa sospesa, che continua a porsi ancora oggi
il magistrato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, intervistato recentemente da Andrea Purgatori.
E’ la domanda che devono continuare a porsi tutti gli Italiani.

F. S.