Il Decreto Bonafede contro le scarcerazioni

Il Decreto Bonafede contro le scarcerazioni

Un Consiglio dei Ministri (il n.44) convocato ieri sera alle 21 per approvare il nuovo Decreto Legge voluto dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulla possibile rivalutazione, da parte dei Giudici, dell’affidamento agli arresti domiciliari di boss mafiosi e detenuti ‘in alta sicurezza’, per questioni di salute legate all’emergenza Covid-19.

I fatti sono noti e riguardano le scarcerazioni, nelle ultime settimane, di circa 376 detenuti (ma secondo Maria Vittoria De Simone, Procuratore aggiunto presso la Direzione nazionale antimafia, il numero andrebbe aggiornato a circa 500), dei quali 3 boss mafiosi ed altri esponenti della criminalità nel circuito detentivo di “alta sicurezza 3”, inviati ai domiciliari per questioni di salute legate all’emergenza Coronavirus.

Il nuovo Decreto legge era stato annunciato al question-time del 6 maggio, durante il quale il Ministro Alfonso Bonafede era stato chiamato a rispondere all’interrogazione presentata dall’On. Pierantonio Zanettin (Forza Italia).

In base al Decreto, anticipa Liana Milella su Repubblica.it, “il magistrato valuta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di 15 giorni dall’adozione del provvedimenti, e successivamente con cadenza mensile”. La valutazione, recita il decreto, viene fatta “immediatamente”, quindi anche prima dei 15 giorni, se il Dap comunica “la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto”. Il magistrato deve inoltre “sentire l’autorità sanitaria regionale” per fare il punto sulla situazione sanitaria locale e acquisire anche dal Dap “l’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta” in cui il detenuto ai domiciliari può riprendere a scontare regolarmente la pena.

Inoltre, nell’articolo 3 del Decreto si specifica che, nel caso degli arresti domiciliari. “il Pubblico Ministero verifica la permanenza dei predetti motivi” e continua a farlo “con cadenza mensile”, salvo quando il Dap comunica che ci sono posti disponibili nelle strutture sanitarie del carcere o comunque nei reparti degli ospedali dedicati al carcere.

Federica Sbrana