“Per molti la nostra informazione è un problema”

“Per molti la nostra informazione è un problema”

Intervista a Lanfranco Palazzolo giornalista parlamentare di Radio Radicale

di Rosa Rubino

Lo chiamano il “principe degli intervistatori”. Lui è Lanfranco Palazzolo, un guerriero dell’informazione parlamentare per la storica Radio Radicale, fondata nel 1976 da Marco Pannella, una  radio libera, indipendente che parla di rispetto dei diritti umani, di politica, di attualità e che svolge ininterrottamente un ampio servizio di informazione. Importante e impegnativo il lavoro svolto da Palazzolo. Stakanovista, colto e innamorato della sua professione, va dentro la notizia con correttezza, equilibrio, alla ricerca della verità dei fatti.  Ha un tratto sempre gentile nelle sue interviste e la grande capacità di mettere a proprio agio l’intervistato e di farne emergere l’anima.Scrittore di successo è autore di 14 libri. La sua ultima fatica letteraria: “L’incongrua memoria – Commemorazione dei Dittatori in Parlamento” edito da Palomar sta riscuotendo un grande interesse da parte dei lettori.

Come e quando hai intrapreso la carriera giornalistica? Volevi fare il giornalista sin da bambino?

“No, non ci pensavo da bambino. Volevo fare il ferroviere, il lavoro di mio padre. E poi mi sarebbe piaciuto lavorare in libreria o all’università”.

Dove hai compiuto i primi passi?

“Ho iniziato in un periodico dei giovani repubblicani. La rivista si chiamava “Per”. Poi ho lavorato alla “Voce Repubblicana” dal 1991 proprio mentre arrivava il ciclone di tangentopoli. Ho sempre affiancato al lavoro della Radio anche quello del giornalismo scritto, lavorando a ‘Il Velino’ e al quotidiano ‘Il Tempo’”. 

Come sei approdato a Radio Radicale?

“Avevo lavorato alcuni mesi in prova in una agenzia di stampa cattolica. Si chiamava ‘Adista’. La caporedattrice mi disse che non era il caso che proseguissi con loro. E allora un giorno mi sono presentato a ‘Radio Radicale’ chiedendo se avevano bisogno di qualcuno. Mi chiesero di ripassare qualche giorno dopo per una prova. Era il marzo del 1993”.  

Come sta Radio Radicale?

“Sopravvive a dispetto dei nemici che hanno provato a spegnerla. Per molti la nostra informazione è un problema”.

Cosa vuol dire essere giornalista parlamentare di Radio Radicale?

“Vuol dire lavorare tanto. E soprattutto parlare di cose che il giorno successivo non si trovano su molti quotidiani. Ma quello che è più importante è non avere pregiudizi politici”.

Giornalisti si nasce o si diventa?

“Devi avere delle capacità. Per diventarlo è necessario possedere la consapevolezza che ogni giorno si ricomincia da zero”. 

Quanti libri hai scritto?

“Quattordici”.

Hai scritto tanti libri. Dove trovi il tempo visto che sei impegnatissimo a “Radio Radicale”?

“Quando ho iniziato a pubblicare libri come curatore nel 2004 non ero impegnatissimo in Radio. Negli ultimi anni ho avuto qualche difficoltà in più perché non trovavo davvero il tempo per farlo. Ma con la politica dei piccoli passi si arriva anche a fare libri quando l’impegno quotidiano ti porta via tanto tempo. La biblioteca della Camera e del Senato sono molto vicine”. 

Cosa scrivi di Sciascia? Tre aggettivi per descriverlo.

“Geniale, sintetico e senza tessere di partito”.

Parliamo dell’ultimo tuo libro: “L’incongrua memoria” Commemorazione dei Dittatori in Parlamento, edito da Palomar. Il titolo è già tutto un programma: come è nata l’idea di scriverlo? Un lavoro prezioso di ricerca. Quale commemorazione ti ha colpito di più? Craxi e Andreotti come sono stati commemorati? In copertina vediamo personaggi politici come Brenev, Mao Zedong, Pertini, Nilde Iotti e altri…Come è stata commemorata la Iotti? Che effetto fa leggere le commemorazioni dei  dittatori?

“Ho cercato di fare una piccola ricerca su come sono stati ricordati i dittatori che si sono portati dietro milioni di morti. E di come ha reagito il mondo politico parlamentare alla loro scomparsa. L’idea è nata leggendo le parole di Pertini su Stalin. La commemorazione che mi ha colpito di più è stata quella di Mao fatta da Pietro Ingrao e quella fatta da Nilde Iotti sul massacro di piazza Tien An Men, senza mai usare il termine “dittatura comunista”. Non pensavo si potesse arrivare a tanto. La Iotti è stata commemorata come una grande donna delle istituzioni. In realtà credo che lei abbia contribuito ad indebolirle, come accadde nel 1991 quando permise al Pds di presentare delle interrogazioni contro il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Leggere le commemorazioni, soprattutto dei dittatori, fa male perché su questi rituali si concentra il peggio del conformismo politico”.    

Hai avuto modo di conoscere Pannella? Che tipo era? Qualche aneddoto?

“Era una persona molto buona. La politica per lui era tutto. Non aveva segreti. Aveva la consapevolezza del fatto che ogni giorno si doveva fare una nuova battaglia e un grande senso dello Stato e del diritto. Amava le persone coerenti. Le sue rotture politiche sono sempre nate da questo principio. Poche settimane prima della sua scomparsa ero andato a trovarlo. Gli dissi che avrei voluto fare un libro su di lui. Era molto contento di questo perché avevo già pubblicato due libri sui suoi interventi parlamentari. Non ho fatto in tempo a darglielo di persona”.

Quale personaggio  da te intervistato è stato più ostico?

“Ne ho incontrati tanti. Ma non vorrei fare pubblicità a nessuno. Una volta un deputato mi ha puntato il pugno sul viso in Transatlantico perché non aveva gradito una mia domanda. Sono cose che capitano”. 

Ti chiamano il principe degli intervistatori! E’ vero?

“No. Non è vero. Il titolo spetta a Gigi Marzullo. Lo pensa Mario Nanni, ex giornalista dell’Ansa che in più di un’occasione mi ha definito così. Ma non penso di esserlo”.

A quale intervista sei più legato?

“Avevo intervistato Craxi nel 1998 quando era ad Hammamet. Gli chiesi se fosse intenzionato a tornare in politica una volta tornato in Italia”. 

In quale intervista è venuto fuori uno scoop?

“Non me lo ricordo”.

Tra i personaggi intervistati chi ti ha colpito di più?

L’ex ministro Maria Chiara Carrozza. Mi sono chiesto come mai un personaggio di quella qualità non fosse stato confermato come ministro dell’Istruzione e dell’Università. La ritenevo una persona di prim’ordine, perbene e di una limpidezza che raramente ho visto in Parlamento”.

Quale tecnica usi per le interviste?

“Nessuna. Non ho tempo nemmeno per scrivere le domande. Dipende da chi ho davanti. Cerco di evitare di fare apprezzamenti in positivo o negativo”.

I social network. L’informazione che cambia. La disintermediazione politica: la politica ha mutato spesso il metodo di comunicazione plasmandosi sul cambiamento dei mass media. Quale sarà il futuro della radio, dei giornali, della televisione?

“La radio non morirà mai. Vedo molto duro il futuro dei giornali perché tutti leggono le notizie dallo smartphone. La televisione invece è destinata a cambiare con l’avvento della smart-tv. Tranne per l’informazione, la televisione finirà per essere un grande computer dove vedremo quello che vogliamo quando vogliamo”. 

Fake news, il veleno dell’ informazione. Quale strategia? Cosa deve fare un giornalista per evitarle?

“Le fake news ci sono sempre state anche per demerito della stampa. Oggi hanno una diffusione più rapida. Il problema non sono solo alcuni giornalisti, ma quelli che credono alle notizie false. Credo di non essere io a scoprire che i lettori italiani non sono maturi perché preferiscono credere a quello che vogliono sentirsi dire”. 

C’è stato, secondo te, il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica?

“Credo che non si sarebbe mai arrivati alla Seconda Repubblica senza Berlusconi. Il leader di Forza Italia ha segnato davvero il passaggio verso questa nuova stagione politica. Per il resto penso che oggi siamo tornati alla Prima Repubblica con la differenza che la qualità della politica italiana è bassissima”.

Com’è cambiata la politica dopo tangentopoli. Un confronto tra i politici della stagione di tangentopoli e quelli attuali.

“I politici della ‘stagione di tangentopoli’ venivano eletti con i propri voti. Quelli di oggi sono fortunati se trovano un bel posto in lista per essere eletti da qualche leader. Da tangentopoli in poi il moralismo ha ucciso la politica. Oggi ci troviamo con tanti parlamentari che pensano di aver sbarcato il lunario prendendosela con chi percepisce i vitalizi o riducendo il numero dei parlamentari”.

Quando si fa buon giornalismo? Come si deve comportare un giornalista: deve seguire l’etica della responsabilità o il dovere di informare?

“Tutti e due: il dovere di informare è figlio dell’etica della responsabilità”.

C’è stato il tentativo,  di limitare al Transatlantico l’accesso anche ai giornalisti parlamentari, tentativo puntualmente respinto dall’ Associazione Stampa Parlamentare, ma anche da Mattarella, dalla Casellati e da Fico. Come hai vissuto quel momento?

“Il Transatlantico non esiste più. Oggi questo spazio è occupato dagli scranni dei deputati. Non sappiamo quando i giornalisti torneranno in Transatlantico. Quindi il Transatlantico è chiuso. Al Senato la sala Garibaldi (Transatlantico), è aperta. Quello che mi ha sorpreso in questi mesi di pandemia è che nessuno abbia pensato ad una vaccinazione di massa dei parlamentari. I deputati e i senatori non sono sostituibili. Se 50 parlamentari finiscono in ospedale può cambiare anche la maggioranza. Prima del governo dei migliori questo era un rischio politico molto forte. Ma nessuno ci ha pensato”.