DOMANI 7 OTTOBRE IL TEATRO SONORO DI WILLIAM KENTRIDGE IN SCENA AL MONTE DEI PEGNI DI SANTA ROSALIA DI PALAZZO BRANCIFORTE A PALERMO

DOMANI 7 OTTOBRE IL TEATRO SONORO DI WILLIAM KENTRIDGE IN SCENA AL MONTE DEI PEGNI DI SANTA ROSALIA DI PALAZZO BRANCIFORTE A PALERMO

Palermo si conferma la città siciliana simbolo per esposizioni di arte contemporanea dal carattere internazionale e, infatti, ospiterà a Palazzo Branciforte dall’8 Ottobre al 12 Gennaio 2024 – con opening sabato 7 Ottobre – la mostra di William Kentridge.

Si tratta di un percorso espositivo articolato, che propone non solo l’installazionE sonora con la proiezione che dà il titolo all’intera personale, You Whom I Could Not Save, ma anche l’opera video Sibyl – del 2020 – e la presenza di otto grandi megafoni

dai quali si sentiranno le musiche di Nhlanhla Mahlangu, dirette da Tlale Makhene, considerate degli intrecci sonori provenienti dal gruppo di lingue Nguni, tipiche dell’Africa meridionale.

Protagonista è uno degli artisti più ecclettici del nostro tempo: William Kentridge, nato a Johannesburg nel 1955, il quale si distingue per una ricerca artistica che attinge dal teatro alla musica e alla performance con una continua trasversalità lirica

e poetica per dare uno slancio multiforme alle sue opere, provenienti da una estetica letteraria, teatrale, dal cinema di animazione in stop – motion fino agli effetti speciali.

Intanto, il progetto espositivo dell’artista sudafricano è stato pensato ad hoc per Palermo e sarà inaugurato in occasione della Giornata del Contemporaneo. L’idea di questa personale, sostenuta dalla Fondazione Sicilia, è di Antonio Leone – direttore

di Ruber.contemporanea con la curatela delle storiche dell’arte Giulia Ingarao e Alessandra Buccheri.

Ed è lo spazio di Palazzo Branciforte – che è stato tra le dimore più lussuose ed eleganti della Palermo del Settecento e oggi sede della Fondazione Sicilia presieduta da Raffaele Bonsignore – ovvero l’antico Monte dei Pegni di Santa Rosalia a essere il centro propulsore e nevralgico della mostra con la sua altezza lignea, scandito da scale, balconate, scaffalature di legno che rievocano quasi una metamorfosi bizzarra e allungata di un vecchio teatro “elisabettiano” verticalizzato.

Va precisata, a questo punto, la storia del Monte dei Pegni che si ricollega all’epoca del re Borbonico quando iniziarono, nel 1801, i lavori di riadattamento del palazzo nobiliare alla sua altra e nuova destinazione dove poter far alloggiare i beni impegnati.

A tal proposito, fu costruita la struttura lignea che per circa due secoli ha ospitato ciò che la classe sociale più svantaggiata e povera poteva lasciare come lenzuola, materassi, cappelli, scarpe, abiti per poi riscattarli.

Non è un caso, infatti, se tra le scaffalature del Monte sono previsti degli arazzi

esposti insieme a delle sculture sia di bronzo sia dipinte e sedici disegni inediti a carboncino su pagine dell’antico libro contabile, del 1828, dove danzano figure, volti, sagome in un collage onirico e surreale.

Una immersione nel Monte dei Pegni con il suo legno che ritorna a essere vibrante e a evocare la precarietà del tempo, l’attesa dei desideri e della speranza con le parole di Majakovskij, scelte dall’artista nel video You Whom I Could Not Save: «misfortune

flows as from a water main» ovvero «la sfortuna scorre come da un corso d’ acqua».

Kentridge consegna al pubblico una sorprendente partitura immaginifica e sonora dal carattere narrativo-teatrale con segni, forme scultoree in un luogo segnato dai sogni, dalle possibilità di riscatto della povera gente di un tempo.

Così presenta alla città di Palermo il suo mondo immaginario leggero e senza peso con le sonorità e le proiezioni video, affidato a sagome e volti ricorrenti che vengono fuori dalla sua capacità di consegnare l’inafferrabile per un ragionamento sul tempo.

Non propone, quindi, una risposta all’interrogativo dell’esistere ma sposta la questione alla Beckett, proponendo un tempo universale ed epico con l’interrogativo della vita e della sua precarietà, affidata a simboli, figure e bronzi senza pelle, arazzi senza carne, carte senza peso affinché queste siano testimonianza

e memoria sul mutare continuo, ciclico e quasi magico.

In fondo, questo è uno dei messaggi: una profonda riflessione sul divenire e la vita stessa come sa fare Kentridge con la sua arte teatrale multiforme, poetica, organica,

performativa, sospesa con opere dal carattere fortemente esperienziale per un coinvolgimento totale dei sensi.

Nilla Zaira D’Urso